Se si toglie la povertà dal Vangelo non si può capire il messaggio di Gesù. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta dedicata proprio alla contrapposizione tra ricchezza e povertà. Il Pontefice ha poi ribadito che è ingiusto definire “comunisti” quei sacerdoti o vescovi che parlano dei poveri. Il servizio di Alessandro Gisotti:
San Paolo organizza la colletta nella Chiesa di Corinto per la Chiesa di Gerusalemme che vive momenti difficili di povertà. Francesco ha sviluppato la sua omelia sulla “teologia della povertà” partendo dalla Prima Lettura e subito ha osservato che oggi come allora, povertà è “una parola che sempre mette in imbarazzo”. Tante volte, ha affermato, si sente dire: “Ma questo sacerdote parla troppo di povertà, questo vescovo parla di povertà, questo cristiano, questa suora parlano di povertà… Ma sono un po’ comunisti, no?” E invece, ha avvertito, “la povertà è proprio al centro del Vangelo. Se noi togliessimo la povertà dal Vangelo, non si capirebbe niente del messaggio di Gesù”.
Quando la fede non arriva alle tasche non è genuina
San Paolo, ha proseguito, parlando alla Chiesa di Corinto evidenzia qual è la loro vera ricchezza: “Siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato”. Così, è l’esortazione dell’Apostolo delle Genti, “come siete ricchi, siate larghi anche in questa opera generosa” in “questa colletta”:
“Se avete tanta ricchezza nel cuore, questa ricchezza tanto grande – lo zelo, la carità, la Parola di Dio, la conoscenza di Dio – fate che questa ricchezza arrivi alle tasche. E questa è una regola d’oro. Quando la fede non arriva alle tasche, non è una fede genuina. E’ una regola d’oro che Paolo qui dice: ‘Voi siete ricchi in tante cose, adesso, così, siate larghi in questa opera generosa’. C’è questa contrapposizione fra ricchezza e povertà. La Chiesa di Gerusalemme è povera, è in difficoltà economica, ma è ricca, perché ha il tesoro dell’annuncio evangelico. E questa Chiesa di Gerusalemme, povera, ha arricchito la Chiesa di Corinto con l’annuncio evangelico; gli ha dato la ricchezza del Vangelo”.
Lasciarsi arricchire dalla povertà di Cristo
Voi, ha proseguito riprendendo San Paolo, che “siete ricchi economicamente e che siete ricchi, con tante cose, eravate poveri senza l’annuncio del Vangelo, ma avete arricchito la Chiesa di Gerusalemme, allargando il popolo di Dio”. “Dalla povertà viene la ricchezza – ha soggiunto Francesco – è uno scambio mutuo”. Ecco dunque il fondamento della “teologia della povertà”: “Gesù Cristo da ricco che era – dalla ricchezza di Dio – si è fatto povero”, si è abbassato per noi. E di qui allora il significato della prima Beatitudine “Beati i poveri di spirito”. Cioè “essere povero è lasciarsi arricchire dalla povertà di Cristo e non volere essere ricco con altre ricchezze che non siano quelle di Cristo”:
“Quando noi diamo aiuto ai poveri, non facciamo cristianamente opere di beneficienza. Questo è buono, è umano – le opere di beneficienza sono cose buone e umane – ma questa non è la povertà cristiana, che vuole Paolo, che predica Paolo. La povertà cristiana è che io do del mio e non del superfluo, anche del necessario, al povero, perché so che lui mi arricchisce. E perché mi arricchisce il povero? Perché Gesù ha detto che Lui stesso è nel povero”.
La povertà cristiana non è un’ideologia
Quando mi spoglio di qualcosa, ha evidenziato, “ma non solo del superfluo, per dare ad un povero, ad una comunità povera”, questo “mi arricchisce”. “Gesù agisce in me quando faccio questo – ha detto – e Gesù agisce in lui, per arricchirmi quando faccio questo”:
“Questa è la teologia della povertà; questo è perché la povertà è al centro del Vangelo; non è un’ideologia. E’ proprio questo mistero, il mistero di Cristo che si è abbassato, si è umiliato, si è impoverito per arricchirci. Così si capisce perché la prima delle Beatitudini sia ‘Beati i poveri di spirito’. Essere povero di spirito è andare su questa strada del Signore: la povertà del Signore che, anche, si abbassa tanto che adesso si fa’ ‘pane’ per noi, in questo sacrificio. Continua ad abbassarsi nella storia della Chiesa, nel memoriale della sua passione, nel memoriale della sua umiliazione, nel memoriale del suo abbassamento, nel memoriale della sua povertà, e di questo ‘pane’ Lui ci arricchisce”. Alessandro Gisotti