I membri dell’équipe della nostra Caritas Diocesana si sono riuniti i giorni 1 e 2 settembre presso le Suore Francescane Alcantarine – Casa Madre Santa Croce per una riflessone e programmazione condivisa.
“La Caritas è una comunità in cammino dove si esprime non il nostro volto ma quello di una Chiesa accogliente, attenta, che ha cura, che accompagna, che usa misericordia, che aiuta a crescere, che si interroga, che esce fuori dai propri schemi per poter incontrare ed entrare sempre più nel “villaggio” della nostra umanità”, queste le parole del direttore Don Mimmo nella lettera di convocazione dei membri dell’équipe.
Gli incontri hanno avuto inizio con la meditazione su due brani della Parola e la riflessione del direttore. Il primo giorno sulla parabola dei talenti (Mt 25, 14-30), il secondo giorno sulla Visita di Maria ad Elisabetta e il canto di lode del Magnificat (Lc 1, 39-56).
Sono stati due giorni che ci hanno aiutato a prendere ancor più consapevolezza che il nostro impegno non è solitario, eccentrico, autoreferenziale ma è un servizio comunitario, dove ciascuno utilizzando i propri carismi, manifesta l’identità della Chiesa.
È essenziale abitare il territorio e approfondire sempre più la conoscenza del territorio stesso per poterci fare realmente prossimi e aiutare chi ha bisogno.
È essenziale abitare il territorio e conoscerlo per poter mettere in atto progetti che siano come un ponte lanciato tra la realtà di un dato momento e il cambiamento da raggiungere.
È essenziale curare lo stile Caritas imparando a lavorare sempre più in gruppo, rifuggendo dalla tentazione di fare tutto da soli nella convinzione, talvolta legittima ma insidiosa, di “fare meglio e prima”. I progetti non condivisi possono essere perfetti ma possono avere grandi difficoltà di attuazione proprio perché gli operatori, i volontari e i destinatari non sono realmente coinvolti.
È necessario avere in chiaro chi siamo, perché esistiamo e cosa facciamo per progettare con efficienza il nostro agire con i vari obiettivi e azioni e comunicare sia all’interno (volontari, dipendenti, giovani in servizio civile…), sia all’esterno con gli altri attori che operano sul territorio, la reciproca conoscenza e la condivisione delle finalità e dello “stile” di lavoro.
Siamo chiamati ad educare la comunità secondo un metodo chiamato pedagogia dei fatti, che significa aiutare la comunità a partire dai problemi, dai fenomeni di povertà, dalle sofferenze dei nostri fratelli più bisognosi, dalle lacerazioni presenti sul territorio che abitiamo per costruire insieme risposte di solidarietà. Siamo chiamati a risvegliare il senso di responsabilità! Siamo chiamati ad essere testimoni autentici dell’amore di Dio, per giungere ad esprimerlo attraverso segni e opere di condivisione e servizio.
Siamo chiamati a coniugare carità e giustizia. Come diceva Mons. Giovanni Nervo, che ha vissuto quotidianamente e con coerenza accanto ai poveri, ai deboli e ai piccoli: “Il cristiano non deve mai entrare in conflitto col cittadino in termini di diritti (soprattutto dei poveri, degli ultimi) e di doveri, per una disponibilità concreta e permanente al servizio per il bene comune”.
Il nostro comune impegno è di cercare di vivere pienamente questo tempo con uno stile di accoglienza, incontro, prossimità e servizio. Solo così potremmo riuscire a capovolgere alcune situazioni di povertà e promuovere la fraternità costituendo un’unica famiglia.
sr Rossella D’Aniello