Alcuni membri dell’equipe de’ “Il Ponte”, nostra opera segno e seme per l’accoglienza dei rifugiati con i corridoi umanitari, abbiamo partecipato al Coordinamento Nazionale Immigrazione che si è tenuto a Roma dal 5 al 7 novembre. Abbiamo iniziato i lavori con la lettura di parte del messaggio di Papa Leone XIV in occasione della Giornata del Migrante e del Rifugiato che ci esorta a saper riconoscere nel nostro mondo oscurato da guerre e ingiustizie, in un mondo in cui sembra tutto perduto, i migranti e i rifugiati come messaggeri di speranza.
È seguita poi la presentazione del XXXIV Rapporto Immigrazione dal titolo “Giovani testimoni di speranza”. Oggi nel nostro Paese vivono oltre 5,4 milioni di cittadini stranieri, circa il 9% della popolazione e più di un quinto dei bambini nati ha almeno un genitore straniero. Non si tratta più di un fenomeno emergenziale ma di una realtà stabile e parte integrante della società italiana. Il rapporto racconta di un’Italia che sta cambiando attraverso le nuove generazioni e noi siamo chiamati a cambiare sguardo. L’immigrazione non è un problema da gestire ma una risorsa per costruire l’Italia di domani. I giovani di origine straniera sono la prova che integrazione e speranza possono diventare realtà a patto che il Paese scelga realmente di includerli e valorizzarli.
Ci è stata poi presentata una panoramica del contesto internazionale dalla giornalista del PIME Anna Pozzi, la quale ci ha comunicato che dal 2014 hanno perso la vita nel Mediterraneo 25 mila migranti, una media di 6/7 persone al giorno. Ricordiamo la strage di Lampedusa il 3 ottobre del 2013 con 366 morti e la strage del Canale di Sicilia il 19 aprile 2015 con 950 morti. L’OIM stima che più di 52 mila persone hanno perso la vita mentre cercavano di fuggire da paesi in guerra, in crisi. Gli sbarchi dal 1° gennaio al 4 novembre sono di 59. 905, ma i mezzi di comunicazione non ce ne parlano affatto, e vedono il primo posto delle persone del Bangladesh.
La stragrande maggioranza dei migranti arrivati in europea in questi anni lo ha fatto affidandosi ai trafficanti di esseri umani. Una volta giunti a destinazione, migliaia di uomini e donne migranti sono stati costretti a lavorare o a prostituirsi in condizione di schiavitù. Le crisi alimentari sono peggiorate in modo allarmante nelle zone di conflitto. Violenze, guerre e conseguenze dei cambiamenti climatici sono i principali fattori di crisi, con gravi condizioni di siccità e devastanti inondazioni registrate in diversi paesi.
Ci è stato poi l’intervento di Walter Nanni di Caritas Italiana “La casa un diritto per pochi” con la presentazione di un’indagine sulle problematiche abitative degli stranieri in Italia alla quale anche noi abbiamo dato il nostro contributo. È emersa una sorta di normalizzazione di esclusione sociale. La percezione di un problema che riguarda l’abitazione inizialmente è decisamente bassa ma aumenta con il passare degli anni in Italia. Forse questo è u altro elemento culturale sul quale riflettere e studiare modalità per agire.
In merito a questo tema della casa Sirio Morrone dell’OIM, il Dott. Portelli e il Prof. Carboni dell’università Roma tre hanno presentato la loro ricerca in merito all’abitare. In Europa ci sono circa 1 milione di persone senzatetto. Hanno detto che c’è una vera e propria catastrofe abitativa. Dalla ricerca è emerso che uno degli ambiti critici è l’accesso a un’abitazione dignitosa: è emersa diffidenza da parte dei proprietari nei confronti di stranieri, difficoltà economiche degli stessi e scarsità di meccanismi di supporto abitativo dedicati. Occorre rafforzare politiche abitative che tengano conto delle vulnerabilità specifiche degli stranieri e dei minori migranti: affitti accessibili, sostegno all’autonomia, accompagnamento sociale. L’abitare non è solo un contratto, ma anche un processo di inclusione: sentirsi “a casa” significa potersi stabilizzare, partecipare alla comunità, avere diritti e relazioni. Le istituzioni, i proprietari di casa e le comunità locali devono cooperare per abbattere pregiudizi e barriere nell’accesso all’abitazione per migranti e rifugiati.
Nella seconda giornata di Coordinamento ci è stato l’intervento di Elvio Pasca membro del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e di Andrea De Bonis dell’UNHCR che hanno evidenziato come il decreto flussi è fallimentare, inefficace. Si è evidenziato come un’efficace inclusione nel mercato del lavoro dei migranti richiede la collaborazione attiva delle autorità pubbliche a livello locale, regionale, nazionale ed europeo, le organizzazioni della società civile, le parti economiche e sociali e i datori di lavoro. È necessario usare meglio le competenze e i potenziali dei rifugiati.
Nel pomeriggio Danilo Feliciangeli di Caritas Italiana ci ha parlato della crisi umanitaria a Gaza. Non si può parlare né di pace né di tregua a Gaza. La fonte OCHA (l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari), dice che la notte del 28-29 ottobre sono stati registrati 104 morti, tra cui 46 bambini, ci sono stati attacchi ai veicoli e a tende per sfollati interni e edifici residenziali. Si sono registrati 211 morti palestinesi dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, 597 feriti e 482 ritrovati sotto le macerie. Stanno entrando a Gaza circa 150 camion al giorno di aiuti quando prima della guerra ne entravano 600.
Israele e Turchia sono i due grandi attori di questa guerra che si sta giocando su territori altrui: Gaza, Cisgiordania, Libano, Siria, Yemen, Iran. Sarà così anche in Iraq? Giordania? Cipro?
Caritas Italiana a tutto ciò risponde con il triplo nesso: assistenza umanitaria con cure mediche, salute mentale per bambini e genitori, contributi economici; con la riabilitazione e lo sviluppo ricostruendo comunità attraverso la riqualificazione di cliniche mediche, attività economiche, tirocini lavorativi; promuovendo la pace e la riconciliazione attraverso l’advocacy.
Caritas ha progetti in fase di studio: un centro socio pastorale per giovani a Betlemme; lo sviluppo di gruppi Caritas Parrocchiali nelle parrocchie della Terra Santa; gemellaggi e pellegrinaggi; la ricostruzione di Gaza Phoenix e di un ospedale.
È seguito un intervento di due ragazze che fanno parte dei Corpi Civili di Pace in Giordania, le quali ci hanno fatto una panoramica della migrazione e del programma dei Corridoi Umanitari in Giordania. La Giordania è una terra di accoglienza, è nel cuore del Medio Oriente, ha risorse limitate e un’economia fragile. Gli iracheni rifugiati in Giordania sono la popolazione più vulnerabile e i sudanesi hanno un maggiore rifiuto in Giordania. La Giordania confina con paesi che sono in guerra e non può essere lasciata da sola, si trova al cuore dei conflitti più grandi.
Ci è stata fatta poi una carrellata delle situazioni complesse e molto difficili dello Yemen, dell’Iraq, della Somalia, dell’Eritrea, del Sudan, dello Shael occidentale, del Ghana, della Repubblica democratica del Congo.
In conclusione, dei lavori pomeridiani Oliviero Forti di Carita Italiana ci ha fatto una panoramica dell’accordo Italia-Albania che rappresenta un errore politico e morale. Delegare la gestione dei migranti all’Albania è rinunciare a principi fondamentali: il diritto d’asilo, la tutela della persona e la responsabilità diretta dello Stato italiano. Oltre a essere discutibile sul piano giuridico, è anche inefficace: i numeri previsti sono minimi, i costi altissimi e i risultati incerti. Con centinaia di milioni di euro spesi per costruire centri in Albania, si sarebbe potuto investire in accoglienza diffusa, cooperazione internazionale o canali regolari d’ingresso. Questo accordo non risolve nulla: sposta solo i problemi più lontano dai nostri occhi, ma non dalla nostra coscienza.
L’ultimo giorno del Coordinamento ci ha visti divisi in gruppi di lavoro specifici: corridoi umanitari, corridoi universitari e presidio. Noi abbiamo partecipato ai corridoi umanitari visto che dal febbraio del 2018 operiamo in questo settore.
Gli arrivi del protocollo attuale sono dalla Giordania, il prossimo gruppo previsto sarà di circa 80-90 persone verso la fine dell’inverno, inizio primavera. Il corridoio dall’Etiopia sta per riaprirsi ma per ora ci sono problematiche interne a seguito della guerra con il Tigray. È stato sospeso il corridoio dalla Turchia per freni da parte del governo turco. Il Niger è bloccato dopo il colpo di Stato.
Nei colloqui conoscitivi per la valutazione delle persone che verranno accolte si dà uno spazio anche al tipo di bagaglio delle competenze che portano con loro, questo senza escludere le varie vulnerabilità che le persone portano con sé, cosa alla quale si dà priorità.
Ci è stata poi una bella e ricca condivisione di tutti i presenti sull’esperienza dei corridoi umanitari. Raccontare e ascoltare le varie esperienze belle, a volte difficili, spesso complesse ci fa prendere sempre più consapevolezza che accogliere è l’arte di vedere un essere umano là dove altri vedono un problema. In questo i corridoi umanitari sono sentieri di luce che riportano vita dove prima c’era solo paura. I corridoi umanitari sono fiumi di umanità che scorrono controcorrente, portando salvezza dove il mare inghiotte vite e sogni. Ed è questo il motivo per cui la nostra Caritas ha dato una nuova disponibilità per l’accoglienza.
Don Mimmo Leonetti
sr Rossella D’Aniello
Avv. Chiara Parisi







