LA SCOSSA PIÙ VIOLENTA: “GEMELLI” NEL DOLORE

Sono passati trent’anni. Dal più devastante disastro della storia italiana del dopoguerra. Un terremoto che ha cambiato volto a intere province del sud Italia. E, in buona parte, anche l’approccio del paese alle tragedie collettive.
 
Il dramma si compie alla sera del 23 novembre 1980 alle ore 19.35: una scossa lunga un minuto e venti secondi di magnitudo 6,8 della scala Richter (il nono della scala Mercalli), distintamente avvertita in tutt’Italia meridionale (e non solo), rade al suolo gran parte delle case ubicate in una vasta area, tra Campania e Basilicata. L’area più colpita è nel cuore dell’Irpinia, in provincia di Avellino, ma danni gravi si registrano anche nelle provincie di Potenza, Napoli, Salerno. I crolli provocano 2.735 morti e 8.850 feriti, lasciando 400.000 persone senza tetto. I comuni interessati da danni sono 280, i paesi rasi al suolo 36. Due le diocesi principalmente coinvolte (Avellino e Potenza), 29 quelle interessate. L’area colpita misura 27 mila Kmq, tre volte quella del sisma del Friuli del 1975.