Di chi è la terra?
Nel mese di novembre di due anni fa, abbiamo scritto di un fenomeno tristemente attuale, chiamato “Iand
grabbing”: un termine difficile da tradurre in italiano, ma che sostanzialmente significa “accaparramento di
terreni”. Il modo cioè, più o meno trasparente e lecito, che le grandi multinazionali hanno di acquisire terreni nei
Paesi del Sud del mondo e soprattutto in Africa, per coltivazioni destinate alla produzione delle loro merci.
Speravamo di poter dare notizie di un’inversione di rotta, purtroppo invece tale fenomeno è cresciuto ancora di più.
Nonostante la crisi economica mondiale, la domanda globale di generi alimentari e biocarburanti è aumentata nei paesi
ricchi che, non avendo terre coltivabili o acqua a sufficienza, hanno cominciato a investire nell’ acquisto o nell’ affitto a
lungo termine di terreni all’ estero per soddisfare il fabbisogno della propria popolazione.
Per comprare un terreno, però, non s’interpella chi ci vive sopra: molto spesso, soprattutto nei contesti più poveri,
gli abitanti non posseggono atti di proprietà o documenti di alcun tipo.
La cessione del suolo e delle risorse ad esso legate viene decisa nella maggior parte dei casi a livello governativo:
le popolazioni locali vengono cacciate dai loro terreni e lasciate così senza mezzi di sussistenza, se non la speranza
di essere “assunti” come braccianti dai nuovi proprietari. Colonialismo e schiavismo,
termini che sembravano superati, riprendono vita in modo più moderno, con altra terminologia, ma con lo stesso significato.
Considerando anche l’importanza delle risorse idriche presenti sui terreni, possiamo ben capire come la situazione di povertà e
malnutrizione venga ulteriormente aggravata da questa pratica. Attenzione però a considerare questo fenomeno
esclusivamente “sudista”: da qualche tempo gli “accaparratori di terre” hanno messo gli occhi sui terreni più fertili
anche della nostra Europa. Uno studio realizzato da alcune ONG europee evidenzia un pericoloso aumento del livello
di concentrazione del- la proprietà dei terreni europei: il 3% dei proprietari di terreni agricoli detiene il 50% di tutte le superfici agrarie
europee. Fortunatamente, però, qui le popolazioni locali si ribellano, come per esempio la comunità contadina di
Narbolia, in provincia di Oristano, che si è unita contro un piano che prevedeva l’utilizzo di centinaia di ettari di
terra coltivabile per la costruzione dell’impianto di serre fotovoltaiche più grande d’Europa. Ecco un dilemma che
ritorna, come nel caso dei biocarburanti: mangiamo o pro- duciamo energia?
Davvero è il caso di smettere di trattare la terra come se fosse l’orto dei ricchi. La terra è dono di tutti, perché
«Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né
privilegiare nessuno. ( … )
Ogni uomo deve avere la possibilità di usufruire del benessere necessario al suo pieno sviluppo».
(Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 172)
Per questo tutti gli uomini di buona volontà, soprattutto noi cristiani, non possono rimanere indifferenti.