Pubblicato il Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia: aumentano le richieste di aiuto delle famiglie con minori, delle donne e dei giovani. Quasi una persona su due che va in un centro di aiuto lo fa per la prima volta.
Per la prima volta gli italiani sono le persone che si rivolgono in maggioranza alla Caritas: nel periodo tra maggio e settembre di quest’anno, i nuclei familiari del nostro Paese che hanno avuto bisogno di aiuto sono stati il 52 per cento, un anno prima erano il 47,9 per cento. Il sorpasso sugli stranieri emerge dal Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia pubblicato dalla Caritas Italiana oggi, in occasione della Giornata mondiale di contrasto alla povertà. Il report, intitolato «Gli anticorpi della solidarietà», cerca di restituire una fotografia dei gravi effetti economici e sociali dell’attuale crisi sanitaria legata alla pandemia da Covid-19. Il rapporto fa luce sul fenomeno dei «nuovi poveri», che salgono dal 31 al 45 per cento: quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas in questi mesi lo fa per la prima volta. I centri Caritas si devono fare carico di una domanda di bisogno aumentata del 12,7% rispetto all’anno scorso. Aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, dei giovani e delle donne. Queste ultime sono sempre più in difficoltà.
Le donne che hanno chiesto aiuto da maggio a settembre, subito dopo il lockdown, sono state il 54,4% del totale rispetto al 50,5% del 2019. Il numero dei giovani tra 18 e 34 anni è passato dal 20% al 22,7%, gli italiani sono oggi il 52% dei poveri, contro il 47,9% del 2019, hanno dunque superato gli stranieri. Il numero di famiglie impoverite con parenti a carico, genitori anziani, infermi è passata dal 52,3% del 2019 al 58,3% di questi ultimi mesi. Tra i motivi principali di crollo del reddito e la perdita del lavoro.
Per cercare di descrivere l’impatto economico e sociale della pandemia, Caritas ha realizzato tre monitoraggi nazionali: uno ad aprile in pieno lockdown, il secondo a giugno, dopo la riapertura dei confini regionali e il terzo a settembre dopo il periodo estivo. «I dati raccolti – si legge nel Rapporto – testimoniano due grandi fasi attraversate finora, che corrispondono in parte ai diversi step di avvio delle misure e dei provvedimenti governativi: la prima, della «dura emergenza» coincidente con il blocco totale delle attività e con i 69 giorni nei quali gli italiani sono rimasti a casa, durante la quale si è pagato il prezzo più alto in termini di vite umane, sul fronte dei contagi e dell’impatto economico. La seconda, vissuta nei mesi estivi, nella quale si è avviata una lenta ripartenza, dai contorni e confini incerti».
Caritas non ha mai smesso di prestare aiuto. Ha riaperto i centri di ascolto «in presenza», per lo più su appuntamento o ad accesso libero e ha offerto un’attività inedita, di accompagnamento e orientamento rispetto alle misure previste dal Decreto «Cura Italia» e dal Decreto Rilancio. E ha aiutato anche sul fronte della crisi del lavoro, sperimentato da tanti piccoli commercianti e lavoratori autonomi: rispetto a questo fronte le Caritas diocesane hanno erogato sostegni economici specifici, in 136 diocesi sono stati attivati fondi dedicati, utili a sostenere le spese più urgenti (affitto degli immobili, rate del mutuo, utenze, acquisti utili alla ripartenza dell’attività). Complessivamente sono stati 2.073 i piccoli commercianti/lavoratori autonomi accompagnati in questo tempo.
Caritas Italiana ha anche esaminato il funzionamento delle misure emergenziali disposte dal governo, in particolare di quelle volte a sostenere i redditi di famiglie e lavoratori, anche per individuare i difetti e le criticità da evitare in futuro. Da una rilevazione ad hoc condotta su un campione di 756 nuclei beneficiari dei servizi Caritas nei mesi di giugno-luglio 2020, il Reddito di Emergenza è risultata la misura più richiesta (26,3%) ma con un tasso di accettazione delle domande più basso (30,2%) rispetto alla indennità per lavoratori domestici (61,9%), al bonus per i lavoratori stagionali (58,3%) e al bonus per i lavoratori flessibili (53,8%). Il Rem è stato fruito prevalentemente da nuclei composti da adulti over 50, soprattutto single e mono-genitori con figli maggiorenni, con un reddito fino a 800 euro e bassi tassi di attività lavorativa. Si tratta di un profilo del tutto sovrapponibile a quello di coloro che percepiscono il Reddito di cittadinanza (32,5%) all’interno dello stesso campione intervistato: nuclei a reddito molto basso (49,7%), single (45,3%) e coppie senza figli (43,7%), prevalentemente anziani (42,2%). Questo dice che tra le due misure, rispetto alle caratteristiche dei beneficiari, vi sia sovrapposizione piuttosto che compensazione.
fonte: www.corriere.it