Vocazione della Caritas è la formazione del cuore

Riguardo l’adempimento del mandato Caritas, la formazione è un campo d’azione determinante, decisivo, strategico e soprattutto necessario.

Papa Paolo VI, al I Convegno nazionale delle Caritas diocesane (1972), sanciva l’impegno fondamentale del mandato statutario della Caritas Italiana, quello della prevalente funzione educativa della comunità ecclesiale, diceva: «Al di sopra dell’aspetto puramente materiale della vostra attività, deve emergere la sua prevalente funzione pedagogica».

Questo nella nostra Caritas cerca di essere vissuto. Cerchiamo di dare spazio alla formazione sia interna che esterna, consapevoli che il nostro operato non può e non deve limitarsi ad eseguire in modo abile la cosa conveniente al momento ma siamo chiamati a dedicarci all’altro con le attenzioni suggerite dal cuore, in modo che il fratello accolto, ascoltato, sperimenti la propria ricchezza di umanità.

Per realizzare ciò è necessaria non solo una preparazione professionale ma anche e soprattutto la “formazione del cuore”. A questo crede molto anche il direttore Don Mimmo che oltre alle tante sollecitazioni per la partecipazione a corsi, per rendere sempre più continue le formazioni interne, ci dona di vivere giorni di ritiro dell’équipe Caritas. Quest anno dal 26 al 28 settembre siamo stati ad Assisi.

I giorni sono trascorsi immersi nella bellezza del creato, nella preghiera, nella contemplazione. Significativi e notevoli sono stati i tuffi nella vita di San Francesco, tutto ciò ci ha permesso in alcuni momenti delle giornate di sederci al tavolo di lavoro per programmare il nostro servizio Caritas, il nostro essere con i poveri.

Accostarci alla figura di questo Santo, alla sua esperienza di incontro con il povero e alla conversione che a seguito di questo incontro avviene, ha suscitato in noi certamente un punto di domanda: “Come deve essere il mio sguardo verso il povero?”.

Ebbene Francesco li guardava con occhi nuovi, i poveri erano entrati in modo massiccio nella sua vita, lo interessavano, lo educavano. E noi? Francesco sostiene che furono i poveri a salvarlo, a tirarlo fuori dalla spelonca del suo egoismo. È vedendo loro che trovò la forza di vivere poiché trovò in essi il suo domani, la sua vocazione, la gioia di fare qualcosa di valido nella sua vita.

 

Ora lascio la parola ad Alessandra un’operatrice del CDA:

“Mi è stata data l’opportunità di partecipare ad un ritiro in Assisi con l’équipe con la quale lavoro. Queste occasioni “fuori porta” sono sempre per me motivo di grande interesse. Eppure questa volta, ho accolto l’invito del Direttore con vera e propria gioia.

Il luogo scelto è stato Assisi, e questo già basterebbe per immaginare la prospettiva di profondità!

Tuttavia, confesso, non mi aspettavo di vivere queste giornate con la pienezza e con la motivazione che invece si sono realizzate.

Un clima di vera condivisione, senza un attimo di noia, con la stanchezza misurata e pareggiata da piacere dello stare assieme in modo costruttivo. Tutti siamo stati con tutti. Le vicinanze si alternavano, dai posti a tavola alle passeggiate serali fuori dai momenti di “lavoro e programmazione”.

Confidenze, confronti, racconti e piccoli crucci personali e familiari hanno trovato un piccolo tempo di “conforto” tra di noi. I momenti di preghiera sono stati intensi, a volta dirompenti, a volta silenziosi. Tutto ha avuto un senso.

Riflessione, meditazione, contemplazione. Ma anche leggerezza per non dire spensieratezza! Un tempo pieno, bello, nella bellezza vera. Per tutto questo posso solo ringraziare.

(Alessandra Rosa Rosa)

 

Tutto ciò ci ha aiutato a considerare che solo l’Amore di Cristo può aprire il nostro animo all’altro, e che l’amore per l’altro, il nostro farci prossimo, non può essere un comandamento imposto dall’esterno ma è una conseguenza derivante dalla fede che diventa operante nell’amore. “Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità”. (cfr Gal 5,6)

 

sr Rossella D’Aniello