A Rho (MI), presso il Centro Congressi Stella Polare, si è tenuto dal 20 al 23 giugno il 42° Convegno Nazionale delle Caritas Diocesane. “Camminare sulla via degli ultimi”, «E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino» (Mt 10,7), è stato il tema sul quale si sono svolti i lavori. La nostra Caritas Diocesana è stata presente con una delegazione composta dal direttore Don Mimmo e tre operatori, membri dell’equipe.
Il Convegno ha avuto inizio con il benvenuto di S. Ecc. Mons. Mario Delpini arcivescovo di Milano che ha espresso riconoscenza, gratitudine a nome della Chiesa Italiana per ciò che le Caritas Diocesane riescono a fare nei vari territori; ci ha invitati alla valutazione critica sull’operato e sul cammino da seguire; ci ha spronati ad avere fiducia nelle capacità di trarre anche dai problemi delle soluzioni, dalle povertà delle risorse, dalle persone fragili dei protagonisti della propria storia.
Ha poi preso la parola Mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente di Caritas Italiana, esortandoci ad essere non pacifisti ma pacificatori, operatori di pace, artigiani di pace in una realtà complessa, dura, difficile anche da interpretare per garantire i valori quali la pace ma insieme anche la giustizia, la libertà, la solidarietà, la riconciliazione.
La Caritas non fugge dalle cose difficili ma è chiamata ad intervenire con umiltà e fermezza per promuovere i diritti di tutti, è chiamata a camminare insieme sulla via degli ultimi, con lo stile del Vangelo, con la creatività dello Spirito che è Creatore e Creativo, anche poetico, quindi suggerirà idee nuove adatte ai tempi che viviamo.
Il neopresidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Matteo Maria Zuppi, dopo aver detto il suo grazie alla Caritas, parte fondamentale della Chiesa, accanto alle povertà materiali, ha citato gli anziani soli e i giovani maggiormente fragili come nuovi poveri dei quali siamo chiamati a prendercene cura.
Ci ha spinto a cambiare, crescere, a fare tesoro della tragedia che stiamo vivendo avendo la consapevolezza che siamo chiamati ad essere un noi, non ci sono “gli altri”, tutti insieme siamo un noi. Ci ha esortato ad essere ascoltatori della Parola per scegliere i fratelli più piccoli, coscienti che il nostro servizio è legato alla preghiera.
In seguito a questi vivi, intensi saluti iniziali, che ci hanno spinto ad andare oltre, hanno avuto inizio le relazioni, pista per le nostre riflessioni personali e ai tavoli di lavoro che hanno permesso un confronto tra i direttori, gli operatori e volontari delle varie Caritas.
Mons. Valentino Bulgarelli, sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana, ha fatto un quadro delle sintesi diocesane che esprimono il desiderio di luoghi belli dove condividere il Vangelo in un noi, nel tempo, nella storia, nel mondo.
Le riflessioni della pastora battista Lidia Maggi hanno aperto ciascun giorno del Convegno. I vari incontri son stati caratterizzati da testimonianze teologiche, pastorali, concrete, sulla via degli ultimi, del vangelo, della creatività.
Mons. Pierangelo Sequeri, teologo, musicologo, ci ha spinti a trovare un guado nella situazione in cui viviamo, in questo tempo, in questa società, qui ed ora. Ci ha invitati a prendere coscienza che questo è un “Kairos” che Dio chiede a noi, ci tocca il compito di testimoniare il Vangelo in questa società. Ci ha invitati a tornare al Vangelo per capire come si forma una comunità, come si dà testimonianza, il nostro è un compito creativo. Siamo chiamati a creare condizioni per accogliere l’agape di Dio.
“Creatività oggi è un po’ uno slogan, una pubblicità. Nel nostro linguaggio significa inventare qualcosa di nuovo, ha due radici di significato, una ai piani alti, la creatività che viene dall’ispirazione, Beethoven, Michelangelo, i geni…, la seconda radice di significato è la creatività che non è ispirazione ma spontaneità. Siamo chiamati a cercare di mettere insieme la lallazione, la creatività del bambino e Brahms, lo scarabocchio e Chagall, perché una civiltà umana che pensa di tenere separato lo scarabocchio da Chagall è una società chiamata a diventare miserabile”.
La testimonianza di suor Simona Chierici della Fraternità della Visitazione di Pian di Scò (AR) ci ha spronati ad essere sempre più aperti ed accoglienti. “Abbiamo deciso di fare casa, di togliere le porte perché possa passare il vento, l’anima della gente, affinché possa passare la fragilità e la potenzialità della gente”. Meraviglioso questo progetto di follia, di chi sceglie di vivere sulla strada per aiutare gli altri, credendo nelle potenzialità delle persone che ci chiedono aiuto.
Siamo chiamati ad “essere una famiglia”, siamo chiamati a “fare casa”. È Gesù stesso che ha iniziato nella casa della gente, si è seduto ed ha ascoltato la gente, non ha progettato la Chiesa, l’ha costruita con altre mani. Questo ci spinge a comprendere che non possiamo progettare cose per gli altri se non li coinvolgiamo, non possiamo pensare di costruire qualcosa di solidale, di educativo, di sociale, di crescita per gli altri, se non li coinvolgiamo, se non li teniamo allo stesso tavolo, non solo per mangiare ma per capire cosa si può fare.
Lasciamo entrare i nostri fratelli più piccoli nella nostra vita, lasciamoci mettere in ginocchio da loro. “Solo la gente fuori dalle righe, fuori dai nostri schemi, fuori dai nostri progetti di ora, quelli abituali perché dobbiamo farli, possono togliere quella coltre di cenere che offusca la storia futura dell’uomo”. (Carlo Maria Martini)
La testimonianza di Vincenzo Linarello, presidente del consorzio Goel, opera per il riscatto della Calabria dalla ‘ndrangheta attraverso comunità di imprese sociali come principale motore di cambiamento, capaci di creare non solo lavoro ma anche proposte che contrastano il sistema mafioso. Siamo chiamati ad aiutare i nostri fratelli ad uscire dalla depressione sociale.
Si è dato voce ai giovani, ad una tavola rotonda, perché ogni “singolo pezzo” è fondamentale per comporre l’intero.
A conclusione del Convegno il direttore di Caritas Italiana Don Marco Pagniello ha estrapolato alcuni spunti di tutto il lavoro fatto in quei giorni: siamo chiamati ad annunciare il Regno di Dio e le opere devono essere uno strumento per questo annuncio; siamo chiamati a vivere la città degli uomini che è complessa ed è continuamente in costruzione.
Padre Giacomo Costa, presidente della Fondazione Culturale San Fedele e consultore della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi, ha interagito con Don Marco raccogliendo le suggestioni emerse dal confronto nei gruppi per provare a dare qualche indicazione su quali prospettive si aprono oggi per Caritas. “A quale travaso, traboccamento di amore oggi è chiamata la Caritas?”
Dobbiamo saper leggere la storia con gli occhi dei poveri, con lo stile del Vangelo, annunciando speranza e facendo la nostra parte. Siamo chiamati ad avere il coraggio di uscire dagli schemi ed entrare in dialogo con chi è diverso da noi. Siamo chiamati ad essere “noi”, anche con poveri, per i poveri, per capire come essere Caritas oggi.
Siamo chiamati ad allargare i nostri orizzonti. Siamo chiamati a rigenerare la vita caritativa. “Bisogna essere immensamente saggi per essere folli, ma bisogna essere anche tanto folli per essere tremendamente saggi”. (Madeleine Delbrel)
“Il compito più grande di tutti gli uomini e che merita veramente di essere toccato con le mani è questo: qualunque sacrificio tu faccia, il tuo compito è quello di edificare ogni uomo, ma ricordati cristiano che sarà l’uomo che ti edificherà alla salvezza”. (Don Tonino Bello)
sr Rossella D’Aniello